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Firenze Gli Angeli di Ugo Riva in Fortezza

Dal 24 giugno al 1 ottobre la Fortezza medicea di Arezzo torna al centro della cultura. Dopo il suo esordio “museale” grazie alle opere di Ivan Theimer, arriva la mostra di Ugo Riva “La Porta dell’Angelo”, a cura di Vittorio Sgarbi.

“Un’altra mostra di questa estate d’arte dedicata al bello, quella che espone in Fortezza le meravigliose sculture di Ugo Riva. Una mostra che, in continuità con l’esperienza culturale inaugurata nel 2016 con la personale di Ivan Theimer, conferma la vocazione a naturale scrigno d’arte di questo monumento straordinario. E a questo è e sarà destinata”. Così il Sindaco Alessandro Ghinelli ha introdotto il proprio saluto alla affollata cerimonia di inaugurazione della mostra dell’artista bergamasco Ugo Riva “La porta dell’Angelo”, tenutasi ieri (sabato 24) in Fortezza. Fortezza che torna quindi al centro della cultura con una esposizione di altissimo livello. “Il titolo della mostra assume un grande significato, così come l’opera che la caratterizza: la Porta dell’Angelo al Bastione della Diacciaia, accesso sormontato da un angelo che adesso è custodito al Museo d’arte medievale e moderna, evoca e costituisce, con la bellissima scultura di Riva lì posizionata, un ponte tra il passato e il presente della nostra Città. Attraverso gli Angeli di Riva sarà possibile tornare in possesso della nostra identità”, ha detto ancora il Sindaco Ghinelli.

“Il destino stabilisce per i luoghi una identificazione e anche una ragione per cui essi diventano contemporanei”, ha affermato il curatore della mostra e critico d’arte Vittorio Sgarbi intervenendo alla inaugurazione. “La fortezza medicea è un naturale luogo del dialogo tra la storia e il presente, tra l’architettura di una civiltà antica e la testimonianza dell’oggi, così come è naturalmente predisposta ad accogliere la scultura. Spero che l’inizio con Theimer e questa continuazione con Riva diventino un filone, che questo ogni anno diventi un luogo dove si consacrano scultori”.

La mostra, composta da 22 sculture e 7 disegni, nasce da tecniche raffinate di abbinamento e contrasto tra diversi materiali come terracotta e bronzo, in una simbiosi fra religioso e laico che colpisce per significati e bellezza. Le sculture di Riva acquisiscono il senso della bellezza che l’artista sa imprimere grazie alla cromia restituita dai materiali scelti, ai colori apportati in modo sapiente attraverso la propria tavolozza, all’equilibrio dimensionale e geometrico che le masse scolpite individuano con il vuoto circostante. Peraltro, di questa mostra resterà a memoria, e come ulteriore sottolineatura del rapporto tra Ugo Riva e Arezzo, l’elsa della lancia d’oro della Giostra del Saracino di settembre intitolata a Viviani, ingegnere che all’inizio del secolo scorso ha provveduto alla ricostruzione del fronte principale del duomo di Arezzo.

Ugo Riva, dopo una breve esperienza pittorica, dalla seconda metà degli anni Settanta matura la scelta di dedicarsi esclusivamente alla scultura frequentando la bottega di Tarcisio Brugnetti. La sua opera, in questo periodo giovanile, è vicina alle istanze espressionistiche, delle quali in seguito, nel corso degli anni Ottanta, si allontanerà in favore di un approfondito studio e recupero della classicità intesa non come maniera bensì come sorgente viva da cui attingere emozioni e sentimenti da rivivere. Nel corso degli anni Novanta ha notevolmente diradato, nelle opere, i riferimenti alla mitologia e alla letteratura del mondo classico, ma anche nel raccontare la contemporaneità la sua attenzione si è sempre rivolta ai sentimenti e alle pulsioni che disegnano il contorno stesso di una vita umana.

“Quando sono venuto ad Arezzo per capire quanto e se potesse essere sede di una mia personale, fin dal viale che conduce alla Fortezza ho iniziato a provare sensazioni che sono esplose in me una volta entrato. L’antro, il tunnel, il buio, è come se mi avessero parlato. E la mostra si è costruita da sola”, ha dichiarato Ugo Riva. “Mi è bastato varcare il cancello del forte mediceo per capire che avrebbe accolto e condiviso la mia narrazione. E cos’è questa narrazione? Un desiderio di speranza che ha inizio con i ‘Testimoni della memoria’, vera sintesi della mia filosofia. Sono chiamato a testimoniare il mio, il nostro tempo, un tempo che si materializza in immagini violente, molto pesanti, che raffigurano la percezione di un disagio di tutti. Gli ‘Angeli’, i miei custodi, quelli dai quali non mi sono mai voluto allontanare, sono il mio sostegno. Ma il dubbio, le lacerazioni rimangono in agguato, così come l’anelito, la ‘supplica’ per una fede dalla quale non sono stato illuminato ma solo sfiorato. Ho bisogno di continuare ad avere speranza, di muovermi guidato dall’ottimismo della volontà, quello di gramsciana memoria, quello che mi può convincere di persistere, di ‘risorgere’, come energia, come pensiero. Ad Arezzo porto questo sentire, domande, riflessioni, insieme al tema della maternità, a me molto caro e fondamento della mia ricerca artistica”.

La mostra “La Porta dell’Angelo” è stata resa possibile grazie al contributo di ESTRA, main sponsor, con la partecipazione di COINGAS.

 

Fonte: Comune di Arezzo