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[ALTOPASCIO] Condannato a 3 anni e 10 mesi il camionista che travolse e uccise il ciclista minorenne

LUCCA

Tre anni, un mese e quindici giorni per arrivare a una sentenza di condanna non certo riparatrice, ma che perlomeno allevia l’immenso dolore per la perdita di un figlio. Per la morte di Simone Pardini, di San Lorenzo a Vaccoli, il ciclista di 16 anni travolto e ucciso da un camionista mentre si allenava con un amico lungo la via Romana tra Montecarlo e Altopascio, il giudice monocratico Matteo Marini ha condannato a 3 anni e 10 mesi di reclusione con l’accusa di omicidio colposo (ancora non era entrata in vigore la legge sull’omicidio stradale) l’autotrasportatore Cerbone Palmieri, 43 anni, origini campane, ma residente a Pescia. Oltre alla pena detentiva il conducente dell’autoarticolato è stato condannato alla pena accessoria della sospensione della patente per quattro anni e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque. E, al di là della pena detentiva (siamo al primo grado di giudizio e il legale della difesa ricorrerà in Appello), è la sanzione amministrativa accessoria, la cui applicazione spetta al Prefetto una volta trasmesso il dispositivo della sentenza, che costringerà l’imputato a modificare la sua situazione lavorativa. Senza patente difficile poter guidare i camion.

Una condanna, quella del giudice Marini, decisamente superiore alla richiesta della pubblica accusa. Sia per quanto concerne la pena detentiva (il pm aveva chiesto 3 anni), sia per quella accessoria (3 anni di sospensione della patente). Evidentemente il giudice, ma occorrerà leggere le motivazioni della sentenza, ha tenuto conto anche del comportamento dell’imputato dopo l’incidente mortale: nessuna scusa, nessuna ricerca di un contatto con la famiglia di Simone. D’altronde sulla dinamica c’erano pochi dubbi: il ciclista viaggiava sulla riga destra di delimitazione della carreggiata e non è stato visto dall’autista, forse perché era distratto, visto che dai rilievi della polizia municipale emerse subito che non aveva fatto uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. Difficile non vedere due ragazzi in bici su un «drizzone» di 500 metri alle 11 del mattino con cielo sereno e massima visibilità.

Roberto Pardini, il babbo di Simone, era presente ieri mattina alle 12,30 in aula alla lettura del dispositivo. Lui ha sempre combattuto tenacemente affinché la terribile vicenda del figlio potesse smuovere le coscienze: «Vorrei ringraziare in modo particolare il giudice, che con la sua umanità e suo il modo di condurre il dibattimento, mi ha dato la forza per credere ancora nella giustizia. Non sarà certo una sentenza a ridarmi mio figlio e a risarcire il danno provocato ad una famiglia. Abbiamo vinto una battaglia, ma sappiamo bene che ci sono altri gradi di giudizio. Sottolineo ancora una volta

che, nonostante siano passati tre anni dalla tragedia, l’imputato non abbia mai cercato un contatto con noi, non abbia mai elaborato con il tempo il male che ci ha procurato. Continuerò a ricordare Simone con manifestazioni a cui rispondono le tante persone che gli volevano bene». —

Fonte: Il Tirreno