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PORCARI Dieci anni fa moriva Cacini, il pittore poeta – Cronaca

Porcari (LUCCA) –

LUCCA. Dieci anni fa esatti, il 2 marzo del 2007, pochi mesi prima di compiere novant’anni, moriva uno dei più noti e apprezzati esponenti dell’arte lucchese del Novecento: il pittore Dino Cacini. Era nato a Ponte Buggianese, in provincia di Pistoia, ma aveva praticamente sempre vissuto a Lucca.

Un pittore con l’animo del poeta: era lui stesso a descriversi così. Oggi, nel decennale dalla sua scomparsa, a ricordarlo è la figlia Romana, insegnante. Per ricordare la figura del padre e la sua arte si sta adoperando per realizzare una mostra delle sue opere nel centenario dalla nascita, che cadrà nell’ottobre del 2017. La mostra, annuncia Romana Cacini, sarà ospitata nei locali della Fondazione Lazzareschi, il “palazzo di vetro” della cultura in piazza Felice Orsi a Porcari. In più, sempre la famiglia del pittore, donerà alcune stampe da lui realizzate, di Papa Giovanni XXIII: verranno cedute alla parrocchia di San Marco.

«Ho visto la mostra di Dino Cacini e trovo che egli ha un temperamento di pittore e uno spirito di artista», scriveva di lui nel 1962 il pittore Giorgio De Chirico dopo aver ammirato alcune sue opere esposte a una mostra a Montecatini. Solo uno dei tanti giudizi di personalità di spicco del mondo dell’arte che elogiavano l’opera dell’artista lucchese di adozione.

«La vita siamo noi vivi – scriveva Cacini nei primi anni Settanta -, quelli che non sono più, e i posteri!! Mi viene questa riflessione nel pensare e nel sentire quanto è importante il colore nella vita. Il colore è luce, sentimento, musica e poesia insieme; la poesia è la base dell’arte. Il poeta la esprime con le parole che ci guidano e ci consentono di far nostro il suo stato d’animo… Un pittore che sia tale per natura d’artista, non dipinge solo quando è davanti al cavalletto, ma “dipinge” anche quando, camminando per la strada o nella solitudine, vede e sente ciò che esprimerà sulla tela».

Cacini teneva a raccontare come in pittura si fosse “fatto da solo”: aveva iniziato con la pittura classica per poi passare bruscamente – una vera esigenza avvertita nel profondo – all’espressionismo. I colori delle sue opere sono forti, i quadri sono attraversati dal movimento. Le figure sono indistinte: a Cacini non interessava, parole tratte da una sua intervista del 1985 pubblicata nel periodico “Strillo di Montecarlo”, «rappresentare la realtà in modo analitico». Piuttosto gli

interessava «l’essenza dei fatti: le mie figure, siano animali o esseri umani, sono spesso dei simboli». Il primo quadro espressionista usci fuori di colpo, in una notte di tempesta, quando «sentii il bisogno di dipingere la bufera che era in me», raccontava il pittore poeta.(b.a.)

Fonte: Il Tirreno