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[REGIONE UMBRIA] LAVORI D'AULA (1): LEGGE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI E LE VIOLENZE DETERMINATE DALL'ORIENTAMENTO SESSU…

(Acs) Perugia, 4 aprile 2017 – La proposta di legge “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale”, di iniziativa dei consiglieri Solinas, Leonelli e Chiacchieroni, è tornata in discussione a Palazzo Cesaroni. Durante la seduta della mattinata Sergio De Vincenzi (Rp) ha illustrato la relazione di minoranza a cui hanno fatto seguito gli interventi di Marco Squarta (FdI), Giacomo Leonelli (Pd), Silvano Rometti (SeR) e Raffaele Nevi (FI). I lavori, ora sospesi, proseguiranno nel pomeriggio.

La discussione sulla legge, interrotta per mancanza di numero legale nella precedente seduta d’Aula dopo la RELAZIONE DI MAGGIORANZA esposta da Attilio Solinas (https://goo.gl/BbGm29), è ripresa con la RELAZIONE DI MINORANZA, non senza un tentativo di riportare l’atto in Commissione, suggerito da Sergio De Vincenzi, che è stato messo ai voti e respinto con 14 contrari e  6 favorevoli.

RELAZIONE DI MINORANZA
SERGIO DE VINCENZI: “ATTO CHE NON RISPETTA LE REGOLE E DELEGITTIMA L’ASSEMBLEA, DISCRIMINA ANCHE QUELLI CHE VUOLE TUTELARE, PERCHÉ SANCISCE LA LORO DIVERSITÀ – Assoluta contrarietà perché si tratta di una legge ‘ad categoria’, fondata su dati sensibili, e come tali tutelati dalla privacy, quali orientamento sessuale e identità di genere, dati peraltro né verificabili né con caratteri di stabile definizione nel tempo. La condizione discriminatoria non è descritta nelle sue fattispecie, quindi la medesima violazione da accertare non sarebbe accertabile ma sarebbe in un ambito ipotetico, soggettivo e la legge non può fondarsi su un criterio di soggettività. Se la condizione discriminatoria non è definita non si comprendono le misure di prevenzione, per non dire che vengono sottratte risorse ad altre urgenze. La legge in questione non si fonda sulla conoscenza statistica, nonostante esista un documento Istat che però non è stato preso in considerazione. La legge si basa sui dati forniti dalle associazioni Lgbt, senza approfondimenti da parte dei consiglieri, nel rispetto del principio conoscere per deliberare. É molto grave che la norma crei presupposti per limitare la libertà di pensiero e di espressione sancita dall’articolo 21 della Costituzione solo nel percepito soggettivo e non dell’oggettivamente determinabile. Norma che discrimina altre categorie di cittadini e la stessa categoria che si afferma di voler tutelare, infatti ne sancirebbe la diversità annullando l’uguaglianza con gli altri cittadini e riconosce privilegi non giustificabili. Il testo nemmeno garantisce il rispetto dell’articolo 30 sul diritto dovere dell’educazione dei figli da parte dei genitori, volendo portare nelle scuole il tema. Non garantisce il pieno rispetto dell’articolo 33 sul libero insegnamento delle arti e delle scienze. Infine la teoria gender introdotta come condizione che divarica il binomio maschile e femminile e colloca le persone in un indefinito genere di variazione non individuabile. Innalza al rango di organizzazioni sindacali organizzazioni di cittadini senza potere di intervento in ambito lavorativo. La norma finanziaria è riferita al 2016, approvata in commissione dopo verifica della compatibilità, ma il suo mancato aggiornamento fa sì che l’atto, ancorché emendabile, non si basa su un congruo esame da parte degli uffici. Ora viene in Aula con riduzione del 20 per cento della copertura ma le cose previste dalla legge sono sempre le stesse e forse di più, con gli emendamenti. Soprattutto il rispetto delle regole è questione morale: non lo dimentichi questa maggioranza che governa con il 23 per cento dei consensi a fronte di un 50 per cento di astensionismo. Maggioranza piena di contraddizioni interne che impone con arroganza il proprio pensiero su diritti civili di poche minoranze, in tempi di grave crisi economica. OSATE FORZARE LE NORME A VOSTRO PIACIMENTO per fare e disfare, giustificando il tutto con pareri dirigenziali di poche righe anziché una doverosa istruttoria finanziaria. Pareri in Aula che differiscono magicamente fra una seduta e l’altra. L’atto si inabissa nel limbo per una settimana, ma il 28 marzo riemerge intonso nella sostanza dell’impossibilità di essere iscritto all’ordine del giorno, ma per magia risulta iscrivibile. Ciò indigna, coinvolge tutti, umilia i consiglieri di minoranza e quelli che non vi hanno votato, che sono la maggioranza di questa regione. ATTO CHE NON RISPONDE ALLE REGOLE e DELEGITTIMA IL NOSTRO CONSESSO ISTITUZIONALE. Facciamo commissioni sulla legalità ma non siamo capaci di rispondere ai regolamenti interni. Tutto questo vi cadrà sulla testa, nulla sarà più come prima, sarebbe stato sufficiente riportare la norma in commissione, fare l’istruttoria e aggiornare la norma finanziaria. Saremmo potuti stare a discuterla senza stressare la credibilità delle istituzioni. Non avreste perso la faccia. I consiglieri cattolici o presunti tali del Pd non avrebbero il fucile puntato sulla schiena. Come è possibile chiedere ai cittadini di rispettare le leggi se non lo facciamo qui dentro. Il rispetto delle regole è fondamentale, l’onestà intellettuale è andata perduta. Qualsiasi forma di discriminazione va condannata, ma nel rispetto della dignità e dell’uguaglianza della persona, nell’interesse collettivo. Inopportuno, invece, di fronte a tante emergenze investire cifre anche minime di fronte a chi ha a che fare con il terremoto, alle famiglie senza reddito, al problema della denatalità: riteniamo siano queste le vere priorità di questa regione e che questo atto sia un corrispettivo elettorale. Qualcuno può riuscire a essere più uguale degli altri, fino al punto di farsi fare una legge ad hoc. Non sappiamo se questo sia il mandato elettorale del Pd, ma qualche dubbio lo abbiamo. Un partito ostaggio di una evidente minoranza sociale, sia pure molto aggressiva sul piano verbale e mediatico, e questo è il primo vero scandalo. Norma ‘a la carte’, che oltretutto privilegia chi non ha bisogno di privilegi perché normodotata, a differenza di altre persone meno fortunate. Non vorrei questa norma diventasse testa d’ariete per sdoganare il reato di libero pensiero, viste anche le durissime critiche all’emendamento Smacchi, nei confronti del quale vi sono state esagerate reazioni”. 

INTERVENTI:
MARCO SQUARTA (FDI): “NON METTO LA FACCIA SU UNA LEGGE VUOTA, IDEOLOGICA E SBAGLIATA – Ho cercato sempre, sin dall’iter in Commissione, di pormi di fronte a questa proposta di legge senza alcun pregiudizio, perché continuo a pensare che sui diritti dell’uomo e sul sociale in genere bisogna confrontarsi al di la dell’appartenenza politica. Ho votato convintamente in Aula la legge sulle politiche di genere perché prevedeva strumenti efficaci sul contrasto alla violenza contro le donne e per molte altre azioni utili a combattere le discriminazioni. Questa però è una legge con più emendamenti che articoli, manifestando in pieno lo stato comatoso in cui versa il Partito democratico. Chiunque si batte per il riconoscimento dei propri diritti merita rispetto, ma in questa legge viene soltanto rimarcato il dettato costituzionale. Non prevede nulla. È soltanto una bandierina politica che non contrasta l’omofobia, ma cita soltanto alcuni principi generali. Si poteva dar luogo invece ad una iniziativa legislativa per combattere tutte le discriminazioni, a partire dal bullismo nelle scuole, ma che non fosse ideologica e con la previsione di azioni e misure concrete. Non posso mettere la faccia su una legge ideologica e sbagliata”.

GIACOMO LEONELLI (Pd): “NELLA SOCIETÀ ATTUALE C’È PERCEZIONE DI STIGMA RISPETTO ALL’ORIENTAMENTO SESSUALE – Questa legge ha registrato una forte tensione emotiva ed è positivo il fatto che la discussione abbia travalicato Palazzo Cesaroni. Ma questa tensione è anche frutto di suggestioni da evitare. Dagli interventi dell’opposizione è emerso allo stesso momento  che è una legge inutile o che distrugge la famiglia: delle due l’una. In Commissione la proposta originaria ha subìto molte modifiche, molte delle quali proposte dalle opposizioni che hanno dimostrato un atteggiamento collaborativo, per poi invece abbandonarsi a tatticismi di posizionamento. E non è assolutamente vero che non vengono date le giuste priorità alla lotta alle povertà, dove sono state stanziate risorse per 12 milioni di euro. Abbiamo assistito a troppe forme di benaltrismo. Oggi purtroppo l’orientamento sessuale viene vissuto da una parte della società come elemento di disvalore. Questa legge, sulla quale all’interno del nostro partito si è sviluppata una discussione tra sensibilità diverse, rappresenta un passo in avanti sulla cultura della non discriminazione. Alla fine siamo arrivati ad una sintesi rispettosa nella consapevolezza che l’opposizione ha preferito giocare una partita diversa. L’auspicio è che in quest’Aula prevalga, da parte di tutti, la valutazione del merito sul tatticismo”.  

SILVANO ROMETTI (SOCIALISTI): “PUNTARE A CREARE UN AMBIENTE IN CUI LA DISCRIMINAZIONE E LA VIOLENZA SIANO BANDITI – Una legge che ha un contenuto culturale e che copre un vuoto normativo nazionale, tenendo conto delle competenze normative delle Regioni. Si tratta di questioni fondamentali su cui non dovrebbero essere alimentate divisioni, che sono estranee al merito delle questioni discusse. La Spagna, così come nove Regioni italiane, hanno leggi come quella che stiamo discutendo. I tentativi di fare ostruzionismo sono fuori luogo. Dobbiamo sconfiggere culturalmente la paura che muove anche l’omofobo. Sarà importante valutare gli effetti che la legge saprà produrre, utilizzando la rete formata da Consigliere di Parità e Centro pari opportunità”. 

RAFFAELE NEVI (FI): “UN TESTO PIÙ EQUILIBRATO AVREBBE PORTATO AD UN VERO AMPLIAMENTO DEI DIRITTI, INVECE SI È SCELTA UNA LEGGE CHE DIVIDE LA SOCIETÀ – Anche il Papa ci chiama ad essere attenti all’evoluzione del mondo occidentale, senza però perdere i nostri riferimenti. Il tema dei diritti civili è stato affrontato in maniera troppo ideologica e questo ha creato discussioni accese. La maggioranza ha scelto di sfruttare un problema serio, quella della discriminazione, per intraprendere una campagna ideologica motivata dalla ricerca di consenso da parte di alcune associazioni in campagna elettorale. Dalla norma emerge in vecchio vizio del Pci di ritrarre la famiglia e l’impresa come il luoghi del male. La scuola pubblica, in questa legge, dovrebbe intervenire per affermare la giusta linea rispetto a quella impartita dalla famiglia. Il grande numero di emendamenti, anche della maggioranza, dimostra che è stato fatto un pessimo lavoro. Ci sono emendamenti che rendono ancora meno comprensibile il testo, come quelli sull’identità di genere o quello che prevede un monitoraggio della Regione all’interno delle aziende. Regione che dovrebbe addirittura sensibilizzare le imprese su questi argomenti: concetto che non si capisce neppure cosa significhi, se non una velata minaccia di penalizzazione nei bandi. Questo è un modo folle di scrivere leggi, che poi non vengono neppure attuate”. PG/AS/MP

Fonte: Regione Umbria