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[Lucca] Il Santo del giorno, 10 Settembre: S. Angelo Orsucci da Lucca

Lucca –

Angelo Orsucci, nato a Lucca l’8 maggio 1573, da Bernardino (del ramo della Luna) e da Isabella Franciotti, entrambi di lignaggio aristocratico.

al battesimo fu chiamato Michele. A soli tredici anni, lasciando senza rimpianto le dolcezze della sua nobile famiglia, vestì le bianche lane Gusmane nell’illustre Convento di S. Romano di Lucca. Nove giorni dopo fu ammesso, con il nome di Francesco, anche il fratello maggiore Galeotto, che divenne un reputato teologo. Negli anni di formazione i due Orsucci manifestarono uno spiritualismo di matrice savonaroliana.

Si dette con santo entusiasmo all’acquisto della virtù e della scienza sacra. I superiori avrebbero voluto applicarlo all’insegnamento, ma Angelo confidò loro il suo grande desiderio di andare a portare la luce del Vangelo in missione. Dopo la professione (18 giugno 1589) e il suddiaconato, Angelo si trasferì per gli studi filosofici nel convento di S. Maria della Quercia di Viterbo, dove nel 1595 venne ordinato diacono e due anni dopo sacerdote. Si spostò quindi a Perugia e poi a Roma, a S. Maria della Minerva, dove nel 1600 ottenne la nomina alla cattedra di filosofia a Viterbo.

Ma il suo richiamo era per la missione e quindi ecco l’Orsucci chiedere ed ottenere il trasferimento al Real convento de predicadores di Valencia, dove apprese rapidamente lo spagnolo, assumendo anche il cognome Ferrer, in onore 10 sett Orsuccidi s. Vincenzo Ferrer, condizione per essere meglio accettato nelle spedizioni verso le Indie. Reclutato dal procuratore dei domenicani delle Filippine, Diego de Soria, il 7 maggio 1601 partì con 34 confratelli per Cadice, facendo tappa a Siviglia per assistere gli appestati. A fine giugno la flotta di 30 navi diretta nella Nuova Spagna salpò da Sanlúcar de Barrameda, arrivando a San Juan de Ulúa il 13 settembre 1601. Giunto a Città del Messico il 4 ottobre 1601, Orsucci vi restò 3 mesi con i confratelli presso la Casa de Nuestra Señora de Guía (detta Hospicio de San Jacinto) riservata ai missionari diretti nelle Filippine. A fine gennaio raggiunsero a piedi Acapulco da dove partiva la spedizione di Pedro Bravo de Acuña, nominato governatore delle Filippine.

Egli era già comunemente chiamato il “Santo”.

Dopo un viaggio di due mesi e mezzo, nel quale poté osservare e descrivere le popolazioni indigene delle Isole Marianne, Orsucci arrivò a Manila (30 aprile 1602), dove i domenicani avevano la sede della provincia del Santissimo Rosario con un convento e un’università. Inviato nel nord dell’isola di Luzon nella non facile zona del Cagayan, riuscì a ottenere molte conversioni, imparando la lingua locale e cambiando ogni due anni residenza (Santa Maria de Patta, San Tomás de Tulag, San Raimundo de Lobo). Ammalatosi, nel 1608 si stabilì nella casa di Santo Domingo, la principale del Cagayan, da dove fu richiamato a Manila per recuperare le forze. Fu poi destinato a Bataan e quindi inviato nel 1610 nella missione del Pangasinán (sempre nell’isola di Luzon) come vicario provinciale.

Nel 1612 tornò in Messico presso l’Hospicio de San Jacinto restandovi tre anni come vicario, ma il desiderio delle missioni e del Giappone lo spinse a chiedere di tornare nelle Filippine. Partì il 27 marzo 1615, guidando un gruppo di 72 missionari affidatigli dal procuratore della provincia Diego Aduarte. Ripresa la sua attività apostolica a Bataan, nel 1616 rifiutò la carica di provinciale offertagli dall’ordine, finendo con l’accettare quella di definitore e stabilendosi a Manila.

La prospettiva di andare in Giappone appariva sempre più difficile per motivi di età, tanto da fargli prendere in considerazione il ritorno in Italia. Giunsero però nelle Filippine molti giapponesi convertiti, perseguitati dopo le disposizioni dell’ Imperatore Xonguno del 1614 e il martirio del domenicano Alonso de Navarrete (1° giugno 1617). Consultatosi con altri missionari come il gesuita Francisco Calderón, Orsucci il 13 giugno 1618 partì per Nagasaki dove giunse il 13 agosto, in una spedizione che aveva come obiettivo principale la Corea.

In Giappone, dove ritrovò cinque confratelli tra cui Francisco Morales, vicario del provinciale di Manila, si stabilì presso un convertito giapponese di origine coreana, battezzato come Cosimo Taqueya. Nei primi tempi si dette all’apprendimento della lingua giapponese e all’assistenza spirituale clandestina dei cattolici, travestito da mercante.

La persecuzione, fino ad allora resa difficile dalla forte presenza di europei a Nagasaki, sotto il governatore Hasegawa Gonroku si scatenò con assalti alle case dei convertiti. Orsucci fu arrestato il 13 dicembre 1618 e recluso con altri religiosi (tra i quali il gesuita Carlo Spinola e il domenicano Juan Martínez) nel carcere di Suzuta (Omura vicino Nagasaki), dove le condizioni di vita erano durissime. Riusciva comunque a celebrare la messa per i reclusi convertiti e a scrivere lettere ai confratelli e ai familiari nelle quali si rallegrava della sua situazione di martire. Ecco come ne dava notizia alla famiglia: “Io sono contentissimo per il favore che Nostro Signore mi ha fatto e non cambierei questa prigione con i maggiori palazzi di Roma”.

Nell’agosto 1622 giunse la notizia della decisione di condannare i prigionieri al rogo. Il governatore li fece riportare a Nagasaki, facendoli sfilare tra gli abitanti. Il 10 settembre 1622 su una collina in prossimità del mare furono allestite le cataste per i roghi.

In totale ci furono 55 esecuzioni. Orsucci era accanto a Spinola e insieme ad altri missionari e convertiti sia europei sia giapponesi. Erano appena legati ai pali delle cataste, affinché potessero fuggire con facilità dalle fiamme e abiurare la fede cristiana, mostrando così la debolezza della loro conversione. Secondo le testimonianze rese nel processo di beatificazione, in particolare quella di Diego Collado, nuovo vicario per il Giappone del provinciale di Manila, Orsucci discese più volte dal patibolo, ma solo per andare a confortare gli altri condannati e risalire poi sulla sua catasta in fiamme e tra gli ardori del fuoco cantare il “Te Deum”, come assorto in estasi!!! Viene ricordato anche il miracoloso evento del sollevamento del suo corpo al momento del trapasso.  I resti mortali furono dispersi in mare avendo cura che non si conservassero le reliquie.

Angelo-Michele entrava così a far parte di una splendida falange di 205 martiri, guidati dal Beato Alfonso Navarrete. Appartenevano all’Ordine altri dieci sacerdoti, quattro chierici professi, cinque fratelli cooperatori, venticinque terziari e sessantasette iscritti alla Confraternita del Rosario.

Orsucci era l’unico italiano.

I processi per il riconoscimento del martirio e, in seguito, per la beatificazione furono molto lenti, anche in seguito alle disposizioni di Urbano VIII che li bloccarono per 50 anni (in parte poi derogate). La procedura venne sollecitata dalla famiglia, dai domenicani di S. Romano e dalla Repubblica lucchese e furono evocati episodi miracolosi attribuiti all’intercessione del martire. Tuttavia, malgrado la fama del martirio e il coinvolgimento di prestigiosi ordini regolari, alla beatificazione si giunse, in forma collettiva (205 martiri), soltanto con Pio IX il 7 luglio 1867 per il centenario degli apostoli Pietro e Paolo.

 

Fonte Verde Azzurro