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[ALTOPASCIO] La camorra ricicla a Lucca Sequestrata villa Liberty

LUCCA. La camorra ricicla a Lucca e nella Piana attraverso imprenditori edili titolari di società con sede e operatività nella nostra provincia contigue al clan dei Casalesi e collegati tra di loro da accordi occulti operativi per spartirsi gli appalti di somma urgenza banditi dall’Asl 3 di Napoli Sud con lavori in realtà mai eseguiti. A scoprire il reato associativo i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle nell’ambito di un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della procura di Firenze. In manette sono finite cinque persone e altre quattro sono indagate per l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla frode in pubbliche forniture, all’autoriciclaggio, al falso ideologico in atti pubblici e privati e alle frodi tributarie con emissione di fatture per operazioni inesistenti. Nell’inchiesta sono finite altre due persone, entrambi familiari degli arrestati, che per l’accusa hanno profili di responsabilità decisamente sfumati e a cui non viene contestato il reato associativo. I finanzieri hanno poi operato 50 perquisizioni e sequestri per equivalente per un importo di 6 milioni.

ARRESTATI

Stando all’accusa due dei registi dell’associazione criminosa erano Alfredo De Rosa, 43 anni, origini casertane e residente a Borgo Giannotti, rappresentante legale, tra le altre, della E.M. Appalti srl con sede in via dell’Industria a Follonica, finito in carcere e Leonardo Piccolo, 43 anni, nato a Casapesenna (Caserta) e residente a Montecarlo, rappresentante legale della FL Appalti srl con sede in via Sarti Grilletto a Badia Pozzeveri e della OLCA srl Unipersonale srls con sede a Montecarlo, che adesso di trova ai domiciliari. E l’altro imprenditore di spicco era Feliciano Piccolo, 51 anni, domiciliato a Caserta e finito dietro le sbarre, ma che risulta titolare della Opera Italia srl con sede in via dei Bichi a Borgo Giannotti. Proprio quella società aveva investito nella villa stile Liberty in via dei Salicchi al numero 855 stimata 800mila euro che è uno dei beni posti sotto sequestrato dalle Fiamme Gialle dirette dal comandante della tributaria Walter Mazzei. Altri sequestri in Lucchesia sono stati operati ad Altopascio: un appartamento e un box per auto. Il terzetto di imprenditori – che utilizzava complessivamente una trentina di società con sede in Toscana e in Campania, molte delle quali venivano aperte e chiuse a tempo record ed erano talvolta intestate a prestanome – attraverso turbative d’asta attuate con “accordi di cartello” si sarebbe aggiudicato oltre 50 commesse della Asl 3 di Napoli Sud banditi per importi inferiori ai 200mila euro soglia al di sotto della quale sarebbe stato necessario imbastire una formale gara di appalto. Così facendo partecipavano sistematicamente le imprese riconducibili al sodalizio criminoso che a turno si aggiudicavano i lavori che risultavano avvenuti, ma di fatto in gran parte non venivano eseguiti. E a garantire questo meccanismo c’era, per l’accusa, un funzionario pubblico: il dirigente responsabile del servizio tecnico dell’area Sud dell’Asl 3 Sud Torre Annunziata, l’architetto Sebastiano Donnarumma, 63 anni, residente a Pimonte (Napoli). Era lui che aggiudicava l’appalto in violazione delle norme di trasparenza, correttezza e imparzialità e consentiva al sodalizio di conseguirne il pagamento pur in assenza di esecuzione dei lavori. Un metodo che consentiva agli imprenditori originari della Campania di incamerare illecitamente e a costo zero appalti per oltre 6 milioni di euro che venivano riciclati nello svolgimento di attività immobiliari: dall’acquisto, alla ristrutturazione e alla costruzione di edifici da parte di società con sede anche nella nostra provincia (oltre a quelle già citate c’era la Edil Tre srl in via di Valico, la Edil Tecnica srl in località Tei e la N.D.R. Costruzioni srls in via San Jacopo, tutte nel comune di Altopascio). Una parte dei profitti illeciti veniva trasferita attraverso pagamenti di fatture fittizie alla società Edilizia srl con sede legale a Roma e operativa a Casaluce (Caserta) diretta dall’imprenditore Vincenzo Ferri, 38 anni, residente a Frignano (Caserta) anche lui, come il pubblico ufficiale Sebastiano Donnarumma (che per i favori resi all’organizzazione otteneva soldi e la vendita di un appartamento ad un prezzo sottostimato), destinatario di una misura cautelare agli arresti domiciliari con divieto di comunicare.

IL CLAN DEI CASALESI

Alfredo De Rosa domiciliato a Borgo Giannotti e Feliciano Piccolo sono stati indicati da collaboratori di giustizia come «imprenditori a disposizione del clan, ma non organici»: pronti a fornire un aiuto quando richiesto. In sostanza a loro viene contestata l’aggravante di aver agevolato la cosca camorristica dei Casalesi della fazione di Michele Zagaria con ramificazioni in Lazio, Toscana, Emilia Romagna.

GLI ALTRI INDAGATI

Con gli stessi reati dei 5 arrestati sono sotto inchiesta: Giovanna Corvino, 43 anni, moglie di Feliciano Piccolo, considerata la «cassaforte del sodalizio»; Oreste Tommaso Capalbo, 63 anni, domiciliato a Salerno, commercialista con studio professionale a Follonica a cui gli imprenditori si appoggiavano nella concertazione delle gare d’appalto; Vincenzo Pellegrino, 47 anni, di Casapesenna (Caserta), già arrestato per altro procedimento, a cui erano riferibili due società poste sotto sequestro e Raffaele Di Caterino, 28 anni,

di Caserta, collaboratore di fiducia di De Rosa e dei fratelli Piccolo. Posizioni sfumate per Alberico Capalbo, 47 anni, di Castellammare di Stabia, commercialista e figlio di Oreste e Davide Donnarumma, 32 anni, anche lui stabiese, figlio del funzionario arrestato.

Fonte: Il Tirreno